È vero che il ferro dai vegetali si assorbe pochissimo?

No, è assolutamente falso! L'assorbimento del ferro è comunque limitato, sia dagli animali che dai vegetali, e influenzato da numerose interazioni con altri nutrienti ed extranutrienti.

Per fortuna, il nostro organismo è in grado di aumentare o diminuire l’assorbimento del ferro a seconda delle necessità. Prova ne sia che i vegani che seguono una dieta varia ed equilibrata, anche se a volte hanno problemi con lo zinco e la vitamina B12, quasi mai hanno problemi con il ferro, perché riescono a recuperare dai vegetali tutto quello di cui hanno bisogno.



Ferro eme e non eme

Circa la metà del ferro contenuto in carne e pesce è contenuto nelle proteine emoglobina e mioglobina, ed è chiamato ferro eme. L’altra metà del ferro di carne e pesce, e tutto quello degli alimenti vegetali, è ferro non eme.
In condizioni normali, noi riusciamo ad assorbire circa il 25% del ferro eme, e in media il 16.5% del ferro non eme. Quindi, il ferro di carne e pesce è solo leggermente più biodisponibile di quello dei vegetali. Va anche considerato tuttavia, che l’assorbimento del ferro non eme è molto più soggetto a fluttuazioni (da meno del 5% a più del 20%), sulla base di altri fattori favorenti o interferenti (gli “amici” o i “nemici” del ferro).

La vitamina C ne raddoppia l’assorbimento

La presenza di vitamina C può raddoppiare l’assorbimento del ferro non eme da un pasto, portandolo dal 10 al 20%, livelli quasi pari a quelli del ferro non eme. Questo avviene perché la vitamina C mantiene il ferro in forma ridotta, e in parte lo lega direttamente a sé, così che vengono assorbiti insieme come chelato. Un paio di sorsi di succo d’arancia, o una spruzzata di succo di limone nell’acqua, sono sufficienti a produrre questo effetto.

Lenticchie contro bistecca

Anche se l’assorbimento del ferro dagli alimenti animali è leggermente più efficiente, non bisogna dimenticare che il suo contenuto complessivo negli alimenti vegetali può essere superiore. Latte e uova non sono buone fonti di ferro. La normale bistecca, cioè il muscolo, ne contiene solamente circa 2 mg su 100.
Facciamo due conti a titolo esemplificativo. Un etto di filetto contiene circa 2 mg di ferro, che ha un assorbimento medio del 18%. Dunque, ne assorbiremo circa 0.4 mg. Un etto di lenticchie, invece, contiene circa 8 mg di ferro. Anche con un assorbimento medio del 10%, ne assorbiremo circa 0.8 mg, cioè quasi il doppio.
Se poi insieme alle lenticchie mangiamo un pomodoro, che apporta la vitamina C in grado di raddoppiare l’assorbimento del ferro non eme), il ferro assorbito dalla bistecca salirà a 0.5 mg (perché solo metà del suo ferro è non eme), mentre quello delle lenticchie salirà a 1.6 mg, cioè quasi il triplo!



Il mito dei “fattori antinutrizionali”

Se da un lato è vero che improvvisi aumenti nell’assunzione di fitati, ossalati, fibra, tannini e zinco diminuiscono l’assorbimento del ferro non-eme, l’effetto diventa trascurabile negli individui che sono abituati a fare un consumo regolare degli alimenti che contengono queste sostanze, quali cereali integrali e legumi. A fronte di un consumo costante, infatti, l’organismo si adatta e riesce senza problemi ad assorbire tutto il ferro di cui ha bisogno.
Inoltre, la cottura e la germinazione, come ad esempio quella che avviene durante l’ammollo dei legumi secchi, abbattono significativamente il contenuto di quei fattori extranutrizionali, come l’acido fitico, che possono interferire con l’assorbimento del ferro.

Dr. Stefano Vendrame
Nutrizionista, Fulbright Alumnus,
Ph.D. Scienze della Nutrizione

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Nutrizionista, Fulbright Alumnus,
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